La European Environmental Agency (EEA) dedica una pagina introduttiva al tema “Environmental Noise”, leggibile qui.
Il tono della presentazione è decisamente pessimista e preoccupato. La sintesi è che, nonostante la determinazione e l’impegno della Comunità Europea fosse orientato ad una significativa diminuzione del livello di inquinamento acustico entro il 2020, questo risultato non verrà ottenuto.
Le previsioni dicono invece che le principali cause di inquinamento, derivate dal trasporto su strada, su binario e aereo, sono destinate ad un ulteriore incremento. A questo si aggiunge il sempre progressivo affollamento delle città.
Le conseguenze sono drammatiche, come sintetizzato da una breve e asciutta descrizione della “scena”: <<Noise exposure from transport sources and industry can lead to annoyance, stress reactions, sleep disturbance, and increases in the risk of hypertension and cardiovascular disease. Environmental noise causes approximately 16 600 cases of premature death in Europe each year, with almost 32 million adults estimated to suffer annoyance and over 13 million adults estimated to suffer sleep disturbance (ETC-ACM, 2016). The WHO (World Health Organization, 2011) identified noise as the second most significant environmental cause of ill health, the first being air pollution (AIRS_PO3.1, 2017)..>>
La principale sorgente di inquinamento è il traffico stradale. Sarebbe lecito confidare sulla progressiva diffusione delle auto elettriche, la cui efficacia è oggettivamente già “udibile” a tutti. Tuttavia, la stessa normativa europea minaccia di compromettere questo risultato, volendo imporre l’installazione di generatori di rumore artificiale sulle auto, nella discutibile presunzione di dover salvaguardare i pedoni (!?!?).
I dati disponibili sulla effettiva esposizione della popolazione al rumore sono incompleti, dato che non tutte le nazioni EU hanno gli stessi obblighi di monitoraggio. Il grafico (interattivo) che riportiamo qui sotto è relativo alla esposizione al traffico stradale, e si basa su una percentuale (media) del 62% di dati reali, se pur “aggiustati” dagli esperti.
Viene purtroppo spontaneo osservare che gli sforzi di monitoraggio, certamente importanti ma per molti versi anche superflui, rubano preziose risorse alle azioni correttive, che dovrebbero puntare immediatamente alla eliminazione delle cause, senza perdere troppo tempo ad esaminarne gli effetti.
Comunque, se pur nel generale sgomento, si direbbe confortante osservare come l’Italia si mantenga tra le nazioni con i valori abbastanza contenuti.
Sarà vero? Non saranno invece misurazioni falsate da un nostro monitoraggio incompleto? – non ci stupiremmo …
Se fosse vero, potremmo cercare di continuare a volare alto, anzichè ansimare per riprendere quota. Ossia potremmo ancora spendere le nostre energie e tempo per salvaguardare un ambiente acustico sano, anziché dover correre ai ripari per disintossicare un ambiente inquinato.
Sempre ammesso, naturalmente, che la normativa europea non ci costringa, come per il latte in polvere, ad “importare rumore” dalle altre nazioni dell’unione …